Come ho già detto, ho letto “Se ti abbraccio non aver paura” dove come genitori di figli speciali ci sono tanti momenti e situazioni nelle quali tutti ci si può riconoscere o immedesimare. Leggendo in particolare “… L’impiegata gentilissima che cura la pratica ha capito lo stato di Andrea e quando usciamo mi sussurra che è il mio angelo. Devo sentirmi fortunato perché è un regalo del cielo.” Mi sono rivista in diverse occasioni, l’ultima proprio qualche settimana fa, una signora, una nonna, molto accogliente e gentile che era piaciuta molto a mia figlia, dopo un po’ che parlavamo mi ha detto “Lei lo sa che sono degli angeli!?” Sì, lo so, ne sono consapevole e devo anche dire che malgrado quello che la gran parte delle persone può pensare, mi ritengo fortunata per questo! Io credo in Dio e penso che avere un figlio speciale sia una grande occasione su più fronti: come genitore, come persona e come credente. Quando è nata mia figlia una persona amica di famiglia, che sicuramente partecipava con affetto al momento che stavamo vivendo, mi disse: “ci dispiace, perché proprio a te?” Pur apprezzando la sua intenzione, mi sorprese questo spostare l’attenzione da lei a me e leggere la sua disabilità un po’ come un’ingiustizia che aveva colpito proprio me. Non l’ho mai vista in questo modo, soprattutto mi sembrava e mi sembra tutt’ora, spesso, che l’attenzione o il “compatimento” si riferiscano più a me che non a lei. Qui mi collego ad un’altra frase del libro, poche righe più giù della precedente: “… Sono convinti che Andrea sia una persona felice, capace di vivere dentro due dimensioni, quella terrena e un’altra che non riesco ancora a comprendere del tutto.” Io credo che sia rimasto radicato un vecchio concetto, un pregiudizio dovuto a quanto poco si conosceva ,anche in un passato non lontano, del mondo delle varie disabilità, che si può sintetizzare brutalmente in “scemo e contento”. Come se avere un ritardo intellettivo, in particolare, sia sì un gran problema, ma, al tempo stesso qualcosa che non ti fa capire la realtà e non essendo consapevole vivi felice! Felice come, altrettanto erroneamente, si pensa, o meglio, spero, si pensava, siano i bambini per il solo fatto di esserlo, come se “l’infanzia” bastasse a se stessa! Invece la cosa che più alimenta le mie preoccupazioni è proprio vedere, toccare con mano quanta “consapevolezza” abbia–no, sensibilità, emotività, capacità di percepire atmosfere, disponibilità vera o meno di chi gli sta vicino! Quindi sì, sono degli angeli ma proprio per questo sono creature delicate e preziose, le loro ali sono il loro “sentire” così forte, un ipersensibilità che spesso vivono sulla loro pelle sia in senso metaforico che reale (vedi Horse Boy il libro o la fondazione). Tutto questo richiederebbe una grande cura, una grande attenzione, un grande amore e allora forse sì, le loro ali li porterebbero più facilmente verso la felicità dalla quale noi tutti verremmo “felicemente” contagiati. Ma se questo non avviene, anzi, “l’ignoranza”, la mancanza della giusta attenzione e tensione sono ciò con cui si devono misurare (scontrare), la sofferenza è ciò a cui vanno incontro!!! E questa sofferenza è responsabilità di tutti! “Tutti siamo veramente responsabili di tutti” (Giovanni Paolo II)